L’infedeltà coniugale: finalmente si inverte l’onere della prova

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L'infedeltà coniugale: finalmente si inverte l'onere della prova

30 maggio 2016

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L’infedeltà coniugale, finalmente si inverte l’onere della prova.
E’ quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione civile, sez. I, 25 maggio 2016, n. 10823, dove secondo l’id quod plerumque accidit, è causa del venir meno dell’affectio familiae; spetta, quindi, al coniuge autore della violazione dell’obbligo della fedeltà previsto dal contratto matrimoniale, la prova della mancanza di nesso eziologico tra infedeltà e crisi coniugale.
La Suprema Corte, nel consolidare la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, ha puntualizzato che l’infedeltà viola uno degli obblighi direttamente imposti dalla legge a carico dei coniugi, così da infervorare alla radice l’affectio familiae in guisa tale da giustificare, secondo una ordinaria relazione causale, la separazione e la fine del matrimonio.
È, dunque, la premessa, secondo l’id quod plerumque accidit, dell’intollerabilità della prosecuzione della convivenza per causa non indipendente dalla volontà dei coniugi.
Tuttavia, non per questo, tale regolarità causale assurge a presunzione assoluta.
Spetta, dunque, all’autore della violazione dell’obbligo di fedeltà la prova della mancanza del nesso eziologico tra infedeltà e crisi coniugale sotto il profilo che la sua condotta si sia inserita in una condizione matrimoniale già compromessa e segnata da un reciproco disinteresse.
Il riparto dell’onere della prova, oltre a manifestarsi rispettoso del canone legale, è altresì connesso al principio empirico di vicinanza della prova.
Considerando che da un po’ di anni l’addebito nella separazione giudiziale era visto da molti avvocati come una lontana mera, questa nuova interpretazione della legge renderà il lavoro dell’investigatore privato ancora più importante e significativo per il buon esito della controversia matrimoniale.

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    legge 104 abuso investigatoreL’abuso del permesso legge 104/92 è una condotta riprovevole che lede i diritti di tutti i lavoratori. Si mancate di rispetto ai colleghi che per ovviare all’ assenza del lavoratore in permesso dovranno lavorare di più e fare straordinari e si calpestano i diritti di quei lavoratori che al contrario di molti, hanno la reale esigenza di richiedere il congedo temporale per assistere un loro familiare disabile e realmente bisognoso di aiuto.
    Se si abusa del permesso previsto dalle legge 104/92, il datore di lavoro può licenziarvi in tronco e per giusta causa senza darvi alcun preavviso; questo perché viene meno la fiducia necessaria per il rapporto lavorativo (in quanto assumendo un comportamento scorretto contro l’azienda si contravviene al patto di fedeltà), in oltre si perpetra una frode all’INPS, che nel periodo del permesso ha sostenuto l’indennizzo.
    Prestate attenzione a non fraintendere la legge con il permesso accordatovi!
    Di recente la cassazione ha stabilito che il permesso 104/92 richiesto al datore di lavoro obbliga il lavoratore ad accudire il proprio congiunto disabile o gravemente malato per tutta la giornata compresa anche la notte.
    Nel limite del buon senso, è previsto in questo periodo di congedo che il lavoratore possa svolgere altre attività diverse da quelle esclusivamente legate all’assistenza del congiunto, quindi il lavoratore può ritagliarsi del tempo libero per se e per la sua famiglia, ad esempio può andare dal parrucchiere, in palestra, al bar, al ristorante e in altri luoghi pubblici o privati che siano, l’importante è non esagerare – la maggior parte del tempo deve essere sempre e comunque dedicata al congiunto in difficoltà!
    Il mio consiglio di investigatore privato è quello di non abusare di questo permesso poiché è un diritto sociale e del lavoratore che deve rimanere inviolabile.

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